Grazie...

... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"

Un ultimo abbraccio

Certamente, a conclusione del servizio volontario in Karamoja con lo SVI, non potevo mancare nel salutare i compagni di questo viaggio. Ma come salutare questa terra che mi ha accolto e, provvidenza vuole, non mi ha riservato cattive sorprese? Pensa e ripensa, ho concluso che il mio saluto sarebbe stato un'ultima immersione in essa, nel silenzio e nella solitudine dei sui infiniti orizzonti, ma anche nel caldo e nella polvere delle sue strade. Quattro giorni in bici, da solo. Da Iriir a Matany, poi Moroto, Nabilatuk, Namalu e infine a Mbale. Sono stati come un lungo e forte abbraccio, con il sapore amaro di un addio.

Le parole ...

Le parole hanno un peso.
Ognuna il proprio. Forte, lieve, profondo, talvolta appuntito e tagliente.
Un peso che spesso è più importante del significato.
Un peso che non possiamo ignorare.
La loro gravità può schiacciarci, ma può anche farci alzare in volo.
Noi che le pronunciamo e le scriviamo diamo loro questo peso.Ogni volta. Se ci riflettiamo possiamo renderle più leggere. Se non lo facciamo, allora saranno loro a prenderselo, a rubarcelo da dentro.

Le parole sono anche strumento per conoscere le persone.
Ne fanno migliori o peggiori. Alcune ne vengono ai miei occhi trasformate dalle parole che dicono.
Non ho mai incontrato persone belle di aspetto, ma ho conosciuto persone meravigliose per quello che hanno detto. Amici che sono diventati splendidi per le parole che mi hanno scritto. Persone che mi hanno aiutato grazie al peso delle loro parole. Alla profondità che sono riusciti a raggiungere grazie al peso di ogni parola detta da loro. Persone dal carattere mite e dall’aspetto non appariscente, trasformate in luce che mi ha illuminato grazie alla semplicità e alla sincerità delle loro parole.

Bilarzia e dentista...

23 luglio 2008
Dopo una veloce analisi del sangue alla “Surgery”, mi confermano la presenza di bilarzia nel sangue. Niente male, penso tra me e me, andrà a tutto vantaggio della mia parte femminile che si sentirà più forte. Comunque meglio seguire la cura prima che le larve non attacchino la parete intestinale o vescicale, raggiungano la fase adulta e inizino a deporre le uova.

E cosa fare dopo una così bella notizia? Perchè non fare un salto dal dentista!

Detto fatto, ed ecco che mi ritrovo nella sala d’aspetto di uno studio dentistico. Due giorni fa mi era saltata l’otturazione di un dente e attendere di rientrare in Italia per una semplice operazione odontotecnica mi sembrava stupido e dispendioso. Non faccio a tempo a prendere le misure dell’ambiente, che subito un’assistente decisamente molto carina mi invita a seguirla. Appena metto piede nello studio la dentista, decisamente più carina dell’assistente, mi invita con un sorriso a sdraiarmi... io sto per risponderle che erano quasi due anni che una ragazza non mi diceva di sdraiarmi, ma l’agitazione mi frena l’ironia.
Visita, controllo, anestesia e via con l’estrazione del dente.
Terminato il tutto, la dottoressa ed io iniziamo a chiacchierare su vari argomenti e lei mi fa intendere che le piacerebbe incontrarmi di nuovo. UAU! Sono anni ormai che una ragazza non mi invitava per un incontro a due (e questo non vuol dire che prima ce ne siano stati tanti).
Pieno di orgoglio, il mio senso di uomo-cacciatore inizia a pulsarmi nelle vene in compagnia della bilarzia, e mentre inizio già a sognarmi dell’appuntamento lei prende in mano la sua agenda d’ufficio... inizia a sfogliarla... e mi rendo stupidamente conto che intendeva prendere un appuntamento per un’altra visita dentistica.
Gli impulsi mascolini si bloccano all’istante per ricadere in letargo per forse altri due anni.

Sig! Tutte queste emozioni mi hanno davvero distrutto.
Meno male che domani ce ne torniamo a Iriir, la bilarzia ed io, su di un bus che spero impieghi meno delle 12 ore che ci ha messo ieri nello scendere a Kampala.

Appunti dalla relazione in merito a questo anno di volontariato in Uganda

In questa sera di maggio con la pioggia che sbatte sulle lamiere in un fragore piacevole seppure forte, inizio a parlarvi dell’elemento forte del progetto: la comunità di Iriir. Lo farò non certo in maniera oggettiva spillandovi dati demografici e piante topografiche geologiche, ma cercherò di descrivere al meglio le mie impressioni riguardo al progetto e al suo interagire con la comunità di Iriir. Proverò cioè a rispondere a quelle domande che ogni volontario prima o poi si pone: la comunità che mi ha accolto si sta sviluppando? Stiamo portando effettivamente una trasformazione positiva, ovvero un cambiamento verso un migliore stato di benessere per la comunità in cui siamo inseriti? E questa sta prendendo coscienza delle sue potenzialità?

[...] Ma allora, che tipo di sviluppo stiamo portando?
Se intendessimo per sviluppo solamente un miglioramento economico della società, allora con dati e grafici alla mano potremmo illustrare un aumento del numero di attività generatrici di reddito, una crescita della estensione dei campi coltivati in linea con relativo aumento della produzione, l’uso sempre più frequente di pesticidi e di fitofarmaci per animali, l’incremento di capitale investito nella sottocontea di Iriiri.
Ma non credo che “sviluppo” debba essere ristretto in questo campo. Ritengo invece che lo esso debba essere inteso come un cambiamento della società verso un miglioramento della condizione umana. Pertanto non è possibile fermarsi al capitale e alla conoscenza, ma si rende necessario e doveroso valutare il cambiamento all’interno dell’uomo verso una maturità etica.
Se ora alcuni gruppi di persone sono in grado di gestire un’attività generatrice di reddito ma ne spendono tutto il guadagno in alcool, allora non possiamo certo affermare orgogliosamente di aver portato lo sviluppo nella sottocontea di Iriir.
Ritengo sia indispensabile un cambiamento all’interno dell’uomo per una trasformazione sociale verso un miglioramento della condizione umana.
Di certo non sono il primo ad affermare questa tesi, ma proprio questo la rafforza. E anche se ne fa perdere un pò di originalità, la cosa mi fa sentire meno incompreso.

Si consideri per esempio la psicologia moderna. Nella distinzione tra la modalità di vivere l’essere e l’avere, Erich Fromm evidenzia chiaramente la necessità di un cambiamento mentale, piuttosto che materiale, al fine di uno sviluppo della società:

"Trasformazioni economiche del genere (a livello globale) sono possibili soltanto qualora si verifichino mutamenti di ordine fondamentale nei valori e nell’atteggiamento dell’uomo, nell’orientamento caratterologico umano, come a esempio una nuova etica e un nuovo rapporto con la natura."(1)

Porsegue ancora scrivendo:

"La necessità di un cambiamento dell’uomo non costituisce soltanto un’esperienza etica e religiosa, non è frutto unicamente di un’aspirazioone psicologica derivante dalla natura patogena del nostro attuale carattere sociale, ma è anche la condizione per la mera sopravvivenza della specie umana."(2)

Questo discorso può essere perfettamente adattato ad ogni comunità, per la cui sopravvivenza è indispensabile una trasformazione dell’uomo nel suo essere e non solo nel suo avere.
Si legga anche l’ultima enciclica papale, nella quale a conclusione di un percorso storico-filosofico in merito al rapporto tra progresso e filofosia sociale, Papa Benedetto XVI scrive:

"Il suo vero errore è il materialismo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall’esterno creando condizioni economiche favorevoli. [...] Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore, allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l’uomo e per il mondo." (3)

Per comprendere la forza di un cambiamento interiore (maturità etica) nei confronti di uno esteriore (sviluppo della società) dovrebbe essere sufficiente prendere come esempio le prime comunità cristiane. Il Vangelo, che è la buona notizia e la speranza, ha cambiato il modo di vedere se stessi e la comunità ed è stato proprio per questa nuova presa di coscienza del proprio essere che è stato possibile il cambiamento da un impero pagano a uno cattolico. Alla faccia del cambiamento! E tuttora sono molti gli esempi di persone quali missionari e laici che, per aver scoperto l’amore di Dio per l’uomo, hanno cambiato se stessi e stanno cambiando la loro comunità.

Qui mi vengono incontro le parole di Don Luciano, missionario in Kenia:

"Il Vangelo rimane ancora - assieme alla preghiera - la più grande forza al mondo capace di cambiare la vita, le famiglie, le situazioni! Perché cambia le persone dal di dentro. [...]
In un mondo che si va sempre più allontanando da Gesù Cristo, la tiepidezza non è più accettabile. Dobbiamo assumere una posizione, con amore. Ma dobbiamo combattere con l'unica arma che ha veramente il potere di cambiare le cose - la dirompente storia di Gesù Cristo e della Sua croce."
(4)

[...] Certo si può facilmente obbiettare che non è possibile occuparsi di tutto.
Replicherei allora che questa non è una ragione per disinteressarsene, e che bastano Preghiera e Speranza (e un pizzico di cristiana follia) per raggiungere i propri sogni e perchè i propri progetti possano incontrare la realtà. [...]
Ogni tentativo di cambiamento che non nasce del nucleo interno della comunità bensì che arriva confezionato dall’esterno o comunque da stranieri, è solamente una brutta copia, un fragile passo verso un miglioramento. Ben di poco aiuto verso un vero sviluppo per i quale si rende necessaria una trasformazione del carattere sociale. [...]

(1)“Avere o essere?” - 1976
(2) “Avere o essere?” - 1976
(3) “Spe Salvi” - 2007
(4) “Incontri con la Parola” - 2008

sull' AMICIZIA

Le cene di Iriir sono molto semplici sul piano culinario, ma si sposano piacevolmente con discussioni e dibattiti che ne nascono quasi ogni volta.
Chiacchierando durante una sera come tante tra due spaghetti al sugo, il discorso ci ha portato a condividere la situazione in cui ognuno di noi si è sentito bene, in cui ha provato quel misto di meraviglia e soddisfazione che fa nascere dal cuore la certezza di essere sulla strada giusta. La serenità di dire: “è proprio qui che volevo arrivare”.

Per me è stato molto difficile ricordare una situazione del genere, in più il poco tempo e la presenza di una ragazza carina con cui non volevo fare brutta figura, non mi hanno certo aiutato. Allora cosa rispondere? Qualcosa che stupisca, o metterla sul ridere cercando una risposta ironica?

Mi hanno attraversato nella mente le vette raggiunte dopo ore di cammino, la spiazzante immensità della Gran Sabana, l’incontrollabile potenza delle Foz du Iguazu, la calma dell’oceano Atlantico appena dopo l’alba...
Certo sono stati tutti momenti indimenticabili che mi hanno regalato quell’insieme mistico di stupore, gioia, voglia di amare e di essere amato.
Sicuramente posso ritenermi soddisfatto di averli vissuti, e li rivivrei volentieri probabilmente dedicando loro più tempo. Ma credo, anzi sono convinto, che questi momenti siano nulla in confronto ad un Natale trascorso in famiglia, ad una serata di confidenze con il proprio amico, ad un cena con una ragazza a cui si vuole bene. Momenti questi in cui mi sono sentito veramenre “arrivato.”

Tutti i momenti per me importanti poichè fondamentali nella mia crescita di uomo verso una maturità che spero di raggiungere, sono stati tali perchè ero con qualcuno che amavo e a cui tenevo. Allora posso dire che misuro la bellezza di un luogo nell’ordine della relazione che mi permette di condividerlo facendo crescere in due la risposta emotiva.

Comunque, per la cronaca, alla fine ho risposto: “Non ho una situazione in particolare, mi sono sentito arrivato in ogni posto in cui sono stato con la mia ragazza.” Per risposta, solamente risate di incomprensione.

Sono stanco... sono stanco!!

Dell’ipocrisia di quelli che non fanno quello che dicono, e che non dicono quello che pensano. Dell’arroganza di chi sta sempre dalla parte della ragione, anche se questo significa dare un calcio alla propria coerenza. Dell’indifferenza di chi ha posto se stesso come unico interesse. Sono stanco della falsità di chi ha venduto il proprio orgoglio in nome di una posizione sociale.

Ma sono ancora più stanco, ma diciamo pure schifato, per la falsità delle persone che ti sorridono davanti mentre ti offendono dietro.

Sono stanco di sopportare le persone che parlano male e denigrano chi non è presente in quel momento. E magari dicono pure "Non diteglielo" o "Che rimanga tra noi". Ma sei o non sei convinto di quello che dici? E poi come si può sminuire qualcuno in sua assenza, la trovo un’azione veramente cattiva. Azione che la psicologia moderna etichetterebbe senza dubbio come "proiezione": classico meccanismo di difesa dell’io.

Offendere una persona muovendo contro di lei falsi giudizi negativi (rafforzati poi da un tono di finto coraggio nato solo dall’impossibilità della persona di difendersi) sarebbe come tirarle addosso una pietra quando la persona è girata. E allora mi chiedo: con chi mi schiero? Mi schiero con quelli che stanno a guardare la lapidazione senza far nulla o faccio un passo avanti per bloccare il braccio pronto al lancio.
Se scegliessi la prima, come potrei chiamarmi ancora uomo?

Quando ero ragazzo, un prete mi disse una frase che ancora oggi mi accompagna nel giudizio delle persone "Ricorda bene" mi disse "Chi con te parla male di altri, con gli altri parlerà male di te".
E allora basta!
Ben vengano le critiche costruttive, e quelle dette faccia a faccia.

Forse io non sono meglio. E certamente non sono io che posso controllare la coerenza degli altri, posso soltanto sperare che il mio impegno verso l’onestà e il mio sforzo nel vivere coerentemente possa contagiare gli altri.
Voglio impegnarmi in questo cammino di onestà verso gli altri e verso me stesso.

Allora...

Vi voglio bene!

Vi voglio bene, voi che preferite essere voi stessi piuttosto che conformarvi ad un modello di pensiero che la società impone.

Vi voglio bene, voi che non avete venduto la vostra libertà e preferite essere giudicati pazzi piuttosto che assecondare il "padrone" di turno.

Vi voglio bene, voi che lottate per essere coerenti, anche se significa scegliere la strada più difficile.

Voglio bene a voi, perchè mi insegnate a vivere.


Un abbraccio
Gianpietro

Torneo di calcio UE

Sabato 10 maggio 2008

Cantami, o musa,
del piccolo esercito d’azzurro vestito le gesta,
dell’ira funesta degli dei la sconfitta.

Cantatemi, o vittoriose acque,
la fortuna vostra nel vedere oggi
la gloria sui dodici eroi scendere.

Di coraggio, ardore e unione armati,
sempre in alto lo sguardo loro guardava,
e da vincitori il campo hanno lasciato.

Combattuto in ogni battaglia,
il fato, nelle vesta dei più temibili avversari,
senza riserva solo sconfitta ha respirato.


Così carterebbe il poeta, illuminato dalla tenacia che ci ha spinti fino alla vittoria del torneo di calcio organizzato dall’Unione Europea in occasione dell’“EUday”.
Però di poeti non ce n’erano al torneo, quindi eccomi qua a farvi da cronista.

Personalmente, arrivavo da due settimane di stop per l’operazione alla gamba e una per la malaria. Solamente tre giorni di corsa e una partita mi hanno fatto da preparazione.

Sulla carta ci davano e ci davamo già per spacciati.
Con colorite immagini abbiamo più volte ringraziato mentalmente l’organizzatore del torneo che ci aveva messo nel girone infernale del torneo. Mai si erano visti tante squadre forti in uno stesso gruppo, e noi avremmo dovuto fare da materasso.
Iniziamo col dire che:
- Unione Europea: tatticamente non eccellente, ma può contare su diverse personalità in campo che al torneo di dicembre avevano fatto la differenza portandola in semifinale.
- Inghilterra: non ha mai fatto ottimi piazzamenti, ma in occasione di una visita di un gruppo di marines inglesi in Uganda, girava voce dell’acquisto di questi nella formazione per il torneo.
- Danimarca: vincitrice incontrastata degli ultimi due tornei, e questo basterebbe. Ma per rigor di cronaca aggiungerei che i giocatori danesi hanno un’altezza media di 1.75 e un peso medio di 80 kg.
Questi quindi erano i nostri avversari: fantasisti europei, armadi danesi e militari inglesi. Niente male insomma!

Noi non ci scoraggiamo, ma entriamo in campo a dir poco titubanti. Il tabellone ci contro l’Unione Europea e ne usciamo con un secco 5-0 a nostro favore che ci solleva il morale. A seguire abbiamo l’Inghilterra e notiamo che è sprovvista dei temutissimi marines in mimetica. Chiudiamo il primo tempo sotto di due gol e con i danesi che se la ridono. Ma nel secondo tempo diamo prova di tenacia e, dopo un parziale 4-2 per noi, la partita termina 4-3.
Chiudiamo il girone giocando con i mastini danesi, anche loro con due vittorie nel sacco: chi vince passa il girone. La partita ha il sapore di una finale e entriamo in campo con il ricordo dell’eliminazione dello scorso torneo. Cerchiamo di tenere e di fare il nostro gioco e riusciamo a chiudere il primo tempo con un bel 3-0. Purtroppo per la Danimarca. Si rientra in campo per il secondo tempo, siamo convinti e lottiamo fino alla fine riuscendo anche a portarci in vantaggio di un gol. Loro se la prendono un pò e riescono a pareggiare.
Gli ultimi minuti di melina accontentano entrambi: passiamo noi come primi del girone e la Danimarca cone miglior seconda.
Siamo davvero esaltati e nella semifinale superiamo la Germania con un 2-0 senza molte difficoltà.

Pausa e... finale con la Danimarca che nel frattempo ha sconfitto la Russia.
Nella finale ho due grandi pensieri nella mente: un forte dejavù e la preoccupazione di marcare Thomas, ovvero il punto di riferimento della formazione danese, il marcatore nr 1 del torneo, 1 metro e 80 di muscoli per una coordinazione e tecnica da professionista. Rassicuro i miei compagni dicendo loro che non c’è problema e che sono ancora fresco (dentro di me spero solo di uscire indenne dallo scontro).
La finale è davvero memorabile, ognuno di noi gioca con convinzione, stringendo i denti e sfruttando gli ultimi movimenti muscolari ancora disponibili dopo una giornata massacrante. Ho visto difensori che si buttavano a terra pur di fermare il tiro degli attaccanti, centrocampisti tirare l’ultimo respiro pur di smarcarsi e fare un passaggio, attaccanti correre e correre.
Thomas soffre i miei anticipi e gli spazi stretti (che sia claustrofobico?) e combina poco, gioca con le sostituzioni uscendo e rientrando in campo, ma mi vede sempre lì pronto a fermarlo. Sempre più stanco, ma presente.
Al fischio finale siamo tutti tanto felici quanto esausti. Io già nel vedere l’arbitro guardare il cronometro e portarsi il fischietto alla bocca, mi butto in terra e chiedo perdono alle mie gambe per averle sfruttato tanto.

Poi ci abbracciamo, ridiamo, ci congratuliamo e ridiamo ancora! Siamo davvero stati bravi e di carattere!
Il torneo con poteva concludersi meglio con uno show per la premiazione: palco, musica e pubblico che canta e applaude mentre noi ci agitiamo sul palco ancora increduli della prova.

Finale di giornata: tutti al ristorante per festeggiare. E lì ho visto gli stessi giocatori della squadra ancora contenti, ma arrivando chi zoppicando, chi sedendosi lentamente appoggiandosi al tavolo, chi fare i gradini tenedosi con due mani al corrimano. Più che la squadra vincente del torneo, sembravamo i pazienti del reparto di riabilitazione!

O dei del cielo,
non più i disaccordi vostri
ma questi eroi ora temete.

Uomini più non solo,
il gioco, la gioia e la vittoria
compagni ne hanno fatto.

Così le loro gloriose gesta,
attraverso le parole da voi udite,
alla stima dei posteri giungeranno.

Doverosa introduzione dopo un lungo mancato aggiornamento del blog

Carissimi tutti, chiedo venia per le pagine di calendario che avete strappato giorno dopo giorno prima che aggiornassi il blog. A me la colpa maggiore, a me anche la pena maggiore di non avere condiviso con voi le emozioni, di non avere cercato l’incontro tra parole e sentimenti che permettono alle prime di non vagare solitarie nella mente, e ai secondi di non restare chiusi nel mio cuore. Che terribile sarebbe tenermi dentro gioia e frustrazioni, desideri e paure, sogni e voli a cielo aperto.
Da tanto manco da Kampala, da tanto non posso collegarmi. Eccovi allora le mie tribolazioni di questi ultimi due mesi. Alcune strane, altre divertenti, alcune magari interessati. E le fotografie qui sotto non sono un fotomontaggio.
Strane figure si aggirano sulla vetta dell'Akisim...

...era meglio di spalle!




Maggio 2008

1 maggio 2008
Cucina e relax

Primo primo maggio in Africa (ed iniziare un racconto con una bella ripetizione non è da pochi. Anzi, quasi quasi me lo metto come titolo).

Primo primo maggio in Africa
Ieri, in uno slancio di impegno culinario, avevo promesso a Fausto e Luca di cucinare per loro un’anatra e una torta.
Promessa fatta... promessa da mantenere! Così stamattina, dopo Messa, mi sono messo di impegno 1. a pulire piatti e scodelle reduci dalla cena e dalla colazione 2. a preparare l’anatra.
Ma credete sia facile cucinare un’anatra? Innanzitutto provate a prenderla e a legarla. Poi bisogna armarsi di sadismo, istinto primitivo di sopravvivenza e spirito pseudoreligioso per offrirla votivamente in un rito di immolazione a favore del banchetto dei volontari. (lungo periodo questo che ho usato semplicemente per dire che l’ho uccisa come mamma mi ha insegnato). Altro passaggio laborioso è stato quello della pulizia: impegnativo ma interessante, se fatta con perizia chirurgica permette un’osservazione diretta dell’anatomia ornitologica.
La crostata è stata decisamente più semplice da fare. Avevo ogni ingrediente a portata di scaffale: burro, uova o zucchero si acquistano semplicemente e non si deve correre per il prato per inseguirli e catturarli (vedi anatra).
Risultato: anatra tenera e insaporita da un intingolo di pomodori freschi e carote tagliate fini, contorno di patate al forno, crostata al cioccolato tenera e con quel dolcemanontroppo che ti permette di fare il bis senza che paranoie dietetiche ti blocchino.
Soddisfazione dei commensali che hanno apprezzato non solo l’impegno, ma anche i gusto dei piatti serviti loro.
Come voto mi autovaluto con un 7 pieno. Esagero?

Aprile 2008

apertura del silo per la vendita di sorgo
Nangiro e Lokitare operano e controllano
15 aprile 2008
Una dottoressa nella notte

Fausto e Luca sono andati a Kampala per le solite commissioni mensili. Resto allora qui a Iriir a farmi compagnia con una ferita che mi obbliga al riposo e ad un cambio della medicazione quasi giornaliero.
Ma tuttosommato questa strana situazione lascia molto spazio al mio carattere solitario e riflessivo che vede in questi giorni un’occasione fantastica per leggere, riflettere e scrivere.
Questa notte, mentre finivo di scrivere delle lettere in compagnia di una tazza di the e di una candela che si sforzava di illuminare la tastiera del pc, sento una voce femminile al cancello.
È la dottoressa Wall, una non più ventenne (per non dire over cinquanta) veterinaria veterana del Karamoja, ora impegnata per una sua piccola ONG in meeting di pace e primo aiuto per l’assetto di nuovi villaggi. Torna da Nabwal (villaggio dietro la montagna a circa 40 km da Iriir), la sua jeep si è guastata, sono ormai le 10 passate e piove, e i padri hanno tutte le stanze occupate.
La mia capacità intuitiva non è mai stata ottima, ma valutati gli elementi credo che le serva una sistemazione per la notte.
Dopo mezz’ora sono già all’opera nel controllare le stanze per lei e i suoi due collaboratori, scaldo un pò di latte e di acqua e preparo loro una frugale cena. Giusto qualcosa di caldo prima di andare a letto. Loro apprezzano e non fanno complimenti nel finire i biscotti, occuparmi il bagno per una buona mezz’ora e usare le mie infradito per spostarsi in casa.
Ho sempre sognato che, in una notte di pioggia, bussasse alla mia porta un dottaressa in panne con la macchina e in cerca di ospitalità e che insieme a lei passassi una notte indimenticabile. Diciamo però che non è stato proprio così.
Erika mi consola dicendo che ho pregato troppo e che ho ricevuto una donna “matura”. Sarà. Per paura che rimanessero una seconda notte, ho trascorso la mattina successiva a riparare la sua macchina.


5-8 aprile 2008
Intervento a Matany: cura fisica e spirituale

Dopo un paio di mesi in compagnia di un bozzo purulento sopra la caviglia, decido di farmi visitare e operare a Matany. Una semplice pulizia chirurgica in anestesia totale. Bella sorpresa!
Un pò di caga non nascondo di avela avuta.
Ho trascorso però qualche giorno ospite dai Padri comboniani vivendo così anche una convalescenza spirituale.
Ogni tanto è doveroso staccarsi dal progetto e dedicarsi allo spirito: anche se cerco di ritagliarmi qualche spazio, sento che mi manca fortemente l’aspetto comunitario della preghiera. Cosa che ho trovato a Matany. Meraviglioso!




22-25 aprile 2008
La prima malaria, ovvero festival napoletano della canzone

Ecco che prima o poi doveva capitarmi la malaria. Se poi trascorro qualche notte senza zanzariera attorno al letto, non posso che aspettarmela presto.
Ognuno, almeno questo è parere comune, la vive in mariera diversa. A me è sembrato che la zanzara, nel dimenticarsi nel mio sangue qualche protozoo, si sia portata via energia e vitalità dal mio corpo.
Mi sentivo davvero debole, un lenzuolo steso al vento, uno straccio usato e riusato, con la temperatura corporea che aveva dei picchi esagerati fino ad arrivare addirittura a 41,5ºC. Quella sera è stato delirio!
Appena prima di cena, mi provo la temperatura che il termometro mi dice essere 40º. La testa mi gira un pò e sulla mia fronte si possono cucinare i chapati, ma ho voglia di uscire dalla mia stanza e di cenare con gli altri. Cena leggera, non ho molto appetito, ma in ricordo delle raccomandazioni mi sforzo di mangiare qualcosa. Do la buonanotte e mi ritiro in camera. Il tempo di sdraiarmi e... pam! Una botta di calore che mi sembra di non essere in camera ma nel forno della pizzeria “Bella Napoli”. Parlo ad alta voce, senza un filo logico, e dopo un pò inizio a cantare “O sole mio” e “L’uva fogarina”.


22-27 aprile 2008
Visita ufficiale dello SVI

Coincidente perfettamente con l’inizio e la fine della malaria e del suo strascico di cefalea, ecco la visita ufficiale dello SVI con l’arrivo di Samuele a Iriir.
Il fermarsi per discutere e riflettere non può che far bene e portare beneficio.
A livello personale, un complimento, un apprezzamento e una pacca sulla spalla di incoraggiamento mi hanno fatto davvero bene. E quando scrivo davvero intendo davvero. Ma questa ultima frase potevo anche non scriverla: quello che ha aggiunto al discorso è nulla.

Marzo 2008


Domenica di Pasqua
Ciao risorti!
Mi sento davvero di chiamarvi così, e mi sento io pienamente risorto.
Risorto da una tristezza che mi ha accompagnato durante la settimana Santa e che, passo dopo passo, cresceva dentro di me. Risorto da un periodo malinconico.
Risorto nella gioia di aver ri-scoperto il dono di Dio: Gesù.
Risorto nella tenerezza di un Dio che ci ama e ci salva.
Risorto nell’amore di Cristo che, morendo inchiodato alla croce dai nostri peccati, allarga le braccia in un ultimo abbraccio di amore per noi.

E allora: ciao RISORTI !
Come state?




Lunedì 17 marzo
Lungo i passi quaresimali


“Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”
Giovanni 19,15

Che dio adoriamo oggi? Il denaro? La propria comodità? O il dio della fama?
Forse, credo che vada per la maggiore venerare il dio che ci rende superiori a chiunque altro. E tanto inseguiamo questo terribile sentimento, che ci spingiamo anche a staccarci dall’altro considerandoci diversi perchè migliori, ci spingiamo a stare lontano da chi riteniamo inferiore disgustandoci della sua vicinanza.

Allora l’unico dio che riconosciamo siamo noi stessi. Sostituendoci a Lui, troneggiamo sul nostro cuore senza permettere che gli altri si avvicinino (paura di soffrire?).

Ma come possiamo allora amare? Come riusciremo a donarci a chi ha bisogno?

Prego allora perchè il mio cuore, chiuso nel sepolcro che io ho costruito intorno ad esso, possa resuscitare nella speranza e nell’abbraccio di un Dio che mi ama e che mi vuole parlare attraverso suo figlio inchiodato alla Croce.




Un dono per iniziare il cammino


Semplice ma prezioso dono: un libro, regalo della mia famiglia, portato a me dalla Provvidenza proprio quando ne avevo bisogno, durante i primi giorni di Quaresima:
Etty Hillesium: Dio matura” di Fratel MichaelDavide.

GRAZIE

Un libro che ad ogni pagina mi aiutava a scavarmi dentro.
Mi ha aiutato, per esempio, a capire quanto i momenti di nostalgia non siano le lacrime di tristezza che ci bagnano il viso per la lontananza dalle persone care con cui vogliamo condividere ogni momento della nostra vita.
No. Nostalgia è un’occasione invidiabile di dimostrare la capacità che abbiamo di amare anche contro lo spazio e il tempo che ci vogliono lontani da chi ci vuole bene.
Difficile comprenderlo, difficile farlo proprio.
Ma è bellissimo poi sentirlo dentro e viverlo!

Liberi pensieri da libere emozioni

Le ultime settimane sono state di ospitalità: numerosi “viandanti” sono passati per la casa SVI di Iriir. Chi di passaggio, chi si è fermato diversi giorni, chi solo una notte e chi invece solo per pranzo.
Grazie a tutti. Grazie a Maurizio, Luca, Francesco, Antonio, Lucia, Paola, Roberto e Iain.
Grazie perché mi avete regalato la gioia di condividere questa strana pazza vita.
Questo cammino a volte difficile e a volte capace di darti gioia. Certi giorni in salita, certi altri giorni (i peggiori) ti porta davanti a un muro che provi inutilmente a scavalcare.

Un cammino che amo e che non posso abbandonare.

Perché questa vita non è la mia.

È dono di Dio: è libertà di crescere e di scegliere, è responsabilità di riflettere e agire.

Un posto speciale


21 febbraio 2008

Tardo pomeriggio, il sole sembra rallentare il suo viaggio giornaliero e lento si avvicina all’orizzonte. Mi sono allontanato dal paese di Iriir, da solo, in bici, per potermi regalare un momento di silenzio, un respiro più profondo, un posto speciale.
Credo di averlo trovato qui, sulla cima rocciosa di una collina poco distante dal versante sud dell’Akisim.
A oriente il Napak pare voglia proteggermi con la sua maestosità e la sua quiete.
A nord, la savana si apre al mio sguardo. Piatta, infinita, misteriosa.

Abituato com’ero alle orobie bergamasche che mi coprivano le spalle ogni giorno, il bush mi faceva sentire piccolo, solo un punto nello spazio aperto dove non vedevo nessun confine visivo.
Poi però lasciai entrare la savana piano piano dentro di me, e mi aprì il cuore.
La sua calma mi dà serenità.
Ora la sento dentro e mi sembra parte di me, come se fosse diventata mia.

Ma poi rifletto e mi rendo stupidamente conto che sono io diventato parte di lei.
Sono io avvolto in lei.
Sono io che mi sono perso e allo stesso momento mi sono ritrovato in lei.

Nuovi incontri

18 febbraio 2008
Il camminare seguendo stretti sentieri racchiusi dall’erba alta raggiungendo villaggi lontani, troppo lontani dalla strada principale, ti regala incontri nuovi e tempo da spendere in essi.
La sera poi rifletti sul dono ricevuto ed il cuore ti si riempie di nuove emozioni.
L’altro giorno abbiamo fatto una lunga camminata, e la sera mi sono trovato felice in compagnia di un paio di piccole zecche sulle gambe. Nere, piccine e simpatiche con quella testolina che vuole infilarsi nella tua pelle, quasi fossero in ricerca di una comunione vera e completa.
Ma ancora mi ricordo il meraviglioso incontro con uno sconosciuto ragno, avvenuto circa una decina di giorni fa.
È stato veloce. ZAC, l’attimo di una puntura, neanche il tempo di un saluto e già se n’era andato. Fui assalito dalla tristezza di non aver approfittato di quel momento per vivere uno scambio emozionale. Ma dopo pochi giorni, mi resi conto che come ricordo del nostro romantico incontro il geniale insetto mi aveva lasciato un rossore e gonfiore a forma di cuore appena sopra la caviglia. Poetico e sentimentale, non trovate?
Non solo, mi ha dato in dono anche un’infezione così che la piccola crosticina al centro ha rivelato una cavità sotto pelle davvero sorprendente che cresceva giorno per giorno, come se fosse parte di me. Che gradevole sensazione avere questa nuova compagna di avventura.

Purtroppo ora con antibiotico e disinfettante (impegnandomi a non confonderli) la nostra relazione ha preso una brutta strada e credo che tra poco ci lasceremo. Il fato ci regalerà, forse, la combinazione di incontrarci ancora.
Sognando, una lacrima mi cade dagli occhi.

Lettera aperta di inizio Quaresima

“Da tempo ormai nella nostra tradizione e nei nostri comportamenti il digiuno non ha più quasi posto, ci sembra una pratica quasi esteriore e per questo lo reputiamo inutile.eppure il Signore Gesù non solo non la esclude dalla sua vita, ma la pronostica chiaramente per suoi discepoli, per noi: “Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno” (Mt 9, 15). Forse senza accorgerci ragioniamo come gli stolti a cui fa riferimento Isaia: “Perché digiunare se tu non lo vedi?” (Is 58, 3). Invece non solo Dio vede e sa il nostro digiuno ma soprattutto ama il nostro saper sperimentare la fame. […]
Il segreto di un digiuno accetto a Dio ha senso nella misura in cui sciolga “catene e legami” (Is 58, 6) a cominciare proprio da questa capacità nel viverlo spontaneamente come esercizio della propria libertà.
[1]

Ho rubato queste parole a Fratel MichaelDavide e ve le voglio liberamente regalare in questo cammino di Quaresima.
Perché non perdiate la speciale occasione di digiunare, rinunciando a qualcosa di materiale, esteriore e probabilmente superfluo, per arricchire e ampliare la vostra anima.
Chi ve lo scrive non è certo un santo, né si crede un eremita trascendentale, né vuole essere un martire (visto la fine terrena che fanno…). Sono semplicemente un giovane cristiano in cammino e non voglio perdermi nel caos del superfluo che ci viene venduto sotto forma di necessità.
Per questo oggi voglio vestirmi di silenzio per cercare dentro me stesso risposte a…
Quali sono i miei reali bisogni?
Per cosa mi affanno tanto quando invece, se mi fermassi, capirei che forse non ne ho poi così bisogno?
Che digiuno posso offrire spontaneamente a Dio?

Buon cammino!

[1] Fratel MichaelDavide “Etty Hillesum: Dio matura”

E' sufficiente un punto fermo, fisso nello spazio, per stare in equilibrio

Nel tardo pomeriggio sono uscito di casa per fare una breve corsa. Quando sono a Kampala mi piace farlo. La casa dove siamo ospiti è in un quartire residenziale tranquillo e vicino al lago, così uscendo a correre per le stradine si sente una strana brezza, si incontrano poche macchine e molti passanti che ti salutano chiedendoti come stai.
Come mi è solito fare, dopo una mezz’oretta di corsa mi sono fermato per fare esercizi di streching. Uno dei quali consiste, da posizione verticale, piegare una gamba fino a toccare il sedere con il tallone. Ovvimente prima che fosse scaduto il minuto dell’esercizio avevo già perso l’equilibrio un numero indefinito di volte. Mi è venuto in mente allora un consiglio della mia insegnante di educazione fisica delle scuole medie: per stare in equilibrio stabile è sufficiente fissare con lo sguardo un oggetto o comunque un punto definito nello spazio.
Funziona! E questo metodo, cioè l’avere ben chiaro qualcosa per poter stare in equilibrio, credete funzioni anche per vivere, come dire, una stabilità emotiva e spirituale? Io credo di SI.
Vi confesso che il mio punto di riferimento quotidiano è il VANGELO. Ogni giorno vi immergo la mia coscienza e cerco di comprenderlo con il silenzio, lo ri-leggo nella preghiera, cerco di testimoniarlo in ogni azione e, ciò che mi è molto più difficile e fa nascere battaglie emotive, cerco di viverlo in ogni sentimento che provo e che da' colore alle mie giornate.
Nei giorni di sconforto, in cui l’umore non è dei migliori e la determinazione zoppica, mi aiuta a stare in equilibrio anche quando la gamba della convinzione non è salda sul terreno, quando il peso delle difficoltà spinge il corpo da un lato cercando di farlo cadere.
Se non tenessi lo sguardo fisso verso il Vangelo, molte volte avrei perso l’equilibrio cadendo a terra, adagiandomi comodo nelle mille comodità che mi offre il mondo civilizzato, avvolto dalla facile abitudine di pensare solo a me stesso, assorbito dalle varie attrazioni con cui la modernità mi porta a non tenere lo sguardo fisso verso lo stesso punto.
Esempio di architettura ecologica, o semplice incontro tra necessità e possibilità?

Il Blog: prima dell’utilizzo leggere il foglio illustrativo

Vi vorrei raccontare molto, molto di quanto provato in queste ultime settimane svolgendo le attività del progetto. Facilmente però devierei in critiche e giudizi e ritengo non sia né bene né lecito pubblicarli tra queste pagine.
Eccomi quindi alle prese con le prime difficoltà di avere un blog. Se lo si considera solamente a livello tecnico, ovvero come una tra le tante possibilità di comunicazione, il blog è un ottimo canale poiché permette di raggiungere chiunque ti conosca e abbia un accesso a internet. Dal momento che
sono convinto che la ricchezza di un uomo stia nei suoi rapporti interpersonali, e che questi siano strettamente legati alla comunicazione (una comunicazione aperta, libera e sincera è base per un rapporto forte e ricco con un'altra persona), allora ben venga il blog come ulteriore canale per raccontarsi e per ricevere commenti permettendo così anche una comunicazione a doppio senso.
Certe volte, nel disegnare le mie emozioni con le parole e nello scrivere queste, mi immagino di confidarmi con uno dei miei amici in Italia continuando così a cucire la tela che ci unisce. Bene rendono l’idea queste parole di Georges Bernanos:

“Mentre scarabocchio sotto la lampada queste pagine che nessuno leggerà mai, ho il senso di una presenza invisibile che non è certamente quella di Dio, ma piuttosto quella d’un amico fatto a mia immagine, benché distinto da me, d’un’altra essenza… Ieri sera, questa presenza m’è venuta di colpo così visibile che mi sono sorpreso a curvar la testa verso non so quale ascoltatore immaginario, con una subitanea voglia di piangere, che mi ha fatto vergogna.”

Ma allo stesso tempo il blog è un dialogo aperto a tutti e questo non mi permette di comunicare intime riflessioni o (eventuali) critiche nei confronti dell’organismo e del progetto. Sono limiti che non avevo ben chiari all’inizio, anzi non immaginavo neanche ci fossero. Inizialmente, rapito dalla voglia di raccontarmi agli amici perché il nostro rapporto non cedesse alla distanza, sfogavo nel blog ogni pensiero e con ogni parola mi venisse in mente.
Certo continuo e continuerò a riempire pagine bianche con parole senza scelta e senza giudizio ma dirette dal cuore e dalla ragione. Ma ora il buon senso mi invita ad operare una certa censura del mio comunicare. Quindi …

“ …butterò le mie cartacce in fondo a un cassetto e le rileggerò un po’ più avanti, con la testa riposata.”

Questo mese il filtro critico ha fermato molto e mi resta poco da consegnarvi. Rimane per voi solo qualche breve riflessione.

Breve e "setacciata" cronaca di gennaio 2008

sabato 12 gennaio 2008
Non passa giorno senza sentire che gli enemies sono passati in qualche villaggio per rubare, per fare razzia, per rapire qualcuno e, nel peggiore dei casi ma che purtroppo è anche frequente, per uccidere. Chi è nei villaggi non ha armi per difendersi, se non qualche arco e qualche freccia che poco fanno contro pistole e fucini AK47.
Noi volontari, stando vicino al centro del paese e vicino all’accampamento dei soldati, possiamo addormentarci sentendoci abbastanza sicuri di non ricevere attacchi. Ma chi abita nei villaggi…
non appena viene il tramonto deve sbarrare i piccoli cancelli di entrata nel villaggio e chiudersi in casa fino all’alba. Dorme con la paura che il villaggio venga attaccato e non ha che una sola coperta: la preghiera rivolta a Dio di non essere svegliato, come ogni notte, dall’abbaiare dei cani che precede il più secco e cupo sparare di fucili.

domenica 13 gennaio 2008
Giornata massacrante e soddisfacente. Un bel mix.
Per il 75° anno dall’arrivo dei padri comboniani in Karamoja, le diverse parrocchie si stanno passando come testimone una Croce, segno della presenza e della continuità della missione comboniana in questo piccolo, povero e difficile angolo della Terra. Questa domenica toccava alla parrocchia di Iriir prendere in consegna la Croce, per questo siamo andati tutti a Lorengecora per incontrare il gruppo che arrivava con la Croce da Matani. Lì è stata celebrata la S. Messa tra canti e preghiere.
Iniziativa lodevole: spostarsi tutti insieme guidati dalla Croce, incontrare altri cristiani per pregare insieme, spezzare la routine di celebrare la S. Messa nella chiesa della parrocchia…
Peccato che lo “spostarsi tutti insieme guidati dalla Croce” abbia significato farsi 14 km a piedi sotto il sole lungo la pista polverosa. Più altrettanti sempre a piedi per tornare ad Iriir. In tutto ci ha preso più di 5 ore di cammino, sotto un caldo che pareva ci fossero due soli!
Peccato che lo “incontrare altri cristiani per pregare insieme” abbia significato 3 ore e mezza di Messa. Con la fortuna di avere poi un posto a sedere nell’unico corridoio di luce che il tetto africano lasciava passare!
A parte queste stupide lamentele, mi sono sentito felice lungo il cammino. I karimojong, che non si lasciano scappare niente, hanno apprezzato molto la mia tenacia nel camminare per pregare con loro, meno hanno notato la mia stupidità nel lasciare a casa auto e moto. Alcuni mi hanno anche detto “You are really a Christian”. Macchè! Solo perché una volta mi sono fatto qualche ora di cammino per pregare con loro? E quelli che tutte le domeniche si spostano dal villaggio per arrivare ad centro? E quelli che hanno poco o nulla ma danno comunque qualcosa durante l’offertorio? Loro sono certo più credenti di me. Io sono nulla accanto a loro, e non posso fare altro che imparare.