Grazie...

... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"

Tema: CARO 2009 ...


Caro 2009,
o forse è meglio che ti chiami “Carissimo 2009”, così forse ti sarò più simpatico. Non so cosa mi porterai di bello, allora ti scrivo questa lettera perché così magari non sbagli e mi porterai un po’ di cose che mi piacciono. Non ti chiedo dolci e giochi, ma se me li porti sarò molto contento.

Il tuo fratellone 2008 mi ha portato moltissime cose, alcune gliele avevo chieste altre no, alcune molto belle ma altre molto bruttissime.

Te, scusa se te lo dico, ma hai già iniziato “con il piede sbagliato” come dice la mia mamma. A Gaza gli israeliani lanciano bombe sui palestinesi ma non ho capito perché nessuno li sgrida, in Africa i politici si riempiono i salvadanai mentre i bambini non hanno cibo e in Italia Silvio è ancora a capo del governo.
Ho pensato che forse hai voluto portarci prima le brutte cose… ma sbrigati a portarci quelle belle! Altrimenti la gente diventa triste o peggio ancora accetta questa realtà come normale e la lascia passare. E allora lascerà passare anche te, e quando cambierà di nuovo il calendario non si ricorderà più di te.
Quindi se vuoi farti ricordare e non passare inosservato, stupiscici con qualcosa di bello. Sono ancora piccolo, ma posso dirti cosa secondo me serve in questo mondo:

uno) tanto amore a tutti gli uomini
due) l’acqua tutti i giorni e a tutti i bambini
tre) un minimo di intelligenza a chi decide per gli altri
quattro) fai scomparire per magia le bombe, i cannoni e anche le pistole. Perché mi sa che se ce le lasci io non riuscirò a diventare vecchio.

Se poi non mi porti tante sorprese come il 2008, non fa niente non ti tengo su il muso. Ecco, ti ho scritto quello che volevo e ora sono anche un po’ stanco perché è sera tardi e oggi pomeriggio ho giocato a pallone.
Ti scrivo un’altra lettera quando la maestra ci darà per compito.

Gianpietro

una giornata davvero speciale

Nakuru

La luna illumina la campagna,
come volesse tenerle compagnia per la notte



La sera è una di quelle ventose che ultimamente accompagnano il finire delle mie giornate. L’aria che arriva forte e pesante dalle colline di Dundori sbatte violentemente contro le pareti della casa, come se volesse entrare anche senza permesso.
Ed io mi coccolo nella mia tiepida cameretta tra una calda tisana e della buona musica. Quale miglior momento per raccontare la mia giornata tutt’altro che calma come questo suo finale.

Sveglia mattutina alle quattro per poter andare di corsa al Boys Ranch, in tempo per permettere all’educatore di turno di uscire di buon mattino per una homevisit e di tornare in un orario decente.
Alle cinque arriva la sveglia anche per i ragazzi, e via che si parte con i lavori. Ad ognuno il suo compito: chi la pulizia della camera, chi quella della cucina, chi quella di accendere la stufa per preparare l’acqua calda per lavarsi. E chi si mette a lavare i piatti della cena, visto che non l’ha fatto la sera precedente per… diciamo che la mancanza di voglia ha incontrato la permissività dell’educatore.

Così tra lavoro e preghiera arrivano le otto e trenta.
Tutti pronti per la scuola informale? No, perché si è pulito tutto tranne che l’aula per le lezioni (che fa anche da sala da pranzo, da cappella per la preghiera e da risposta a qualsiasi bisogno).
Quindi spazzolata veloce al pavimento, riordino di tavoli e sedie ed ecco tutti e tutto al proprio posto. Tutti tranne uno dei ragazzi che, rendendosi conto che i pantaloni che aveva in dosso non erano neanche lontanamente puliti e che degli altri si poteva solo immaginare il colore, si è messo in fretta a pulirne un paio.

Una discussione lampo e a senso unico con il direttore misura la mia pazienza.
Pianifico le riparazioni necessarie con l’idraulico, la cui tempistica per arrivare dalla propria abitazione che sta dall’altra parte della strada supera inspiegabilmente l’ora e un quarto.
Così per incontrare il saldatore concludo che è meglio che passi io da lui, visto che, abitando appena più distante dell’idraulico, in proporzione potrebbe impiegare anche due ore per arrivare.

Rientro in ufficio giusto per sistemare due cose (una delle quali è un buon caffè), e decido che è ora di sistemare i tavoli delle ragazze.
Tra carteggiata e verniciatura arriva l’ora di pranzo, fortunatamente oggi vado in parrocchia: costa un quindici minuti di cammino sotto i raggi del sole schermati dalla polvere, ma ne vale la pena!

Il pomeriggio mi permette di lavorare ancora un tavolo prima che una telefonata mi avvisi che Keri , una delle ragazze del Calabrian Schelter, si è fatta male a scuola. Di corsa mi precipito al Boys Ranch per chiedere ad una delle nostre volontarie di accompagnarmi a scuola. Lei, con tutta calma, mi dice che Ramton (uno dei nostri ragazzi) è già andato a scuola a prendere Keri, visto che questa si è rotta una gamba.
Tutt’ora non capisco ancora la connessione tra il suo calmissimo tono di voce e il contenuto delle sue parole.
Keri piange (e con lei quasi pure Ramton, che si è accorto che il peso della ragazza non è decisamente inferiore dal suo). Inutile chiedere ai maestri come e quando sia successo. A turno portiamo in braccio Keri fino alla clinica.
La dottoressa, dopo aver finito di raccogliere la verdura nell’orto, visita Keri dando come responso medico un semplice stiramento, la prognosi è di un giorno con l’avvertenza che “Vediamo come sta domani, se non riesce ad appoggiare il piede, allora vuol dire che la cosa è più seria e bisogna farle i raggi”. Rincuorati dalla sua professionalità, torniamo al Calabrian Shelter appena prima che faccia buio. Keti non ha mai smesso di piangere.
Giro serale di controllo al Boys Ranch.
Arrivo poi finalmente a casa con la voglia di una doccia calda e di una cena veloce e leggera (che va molto in accordo con la mia spossatezza), prima però voglio salutare Keti. La trovo a letto con le altre ragazze che le fanno compagnia e fanno a gara per portarle acqua o qualsiasi altra cosa le serva. La più grande di loro mi chiede di leggerle il Vangelo.

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”
[Matteo 11, 28-30]

Che gioia ho provato nel leggerlo proprio oggi.
Quando la fatica del giorno ha invaso tutto il tuo corpo che hai il solo desiderio di un po’ di ristoro, ecco che il Vangelo ti arriva dentro e ti apre il cuore. Certe giornate questo giogo è veramente duro da portare, certe volte sembra proprio di non riuscire a fare un passo in più. Ma se abbiamo posto gli altri al centro del nostro fare, se sono i bisogni degli altri a pianificare la nostra giornata e il nostro lavoro, allora la stanchezza viene cancellata dalla gioia. E ci si addormenta chiedendo nella preghiera di ricevere un nuovo giorno per potersi spendere per gli altri. Per dare loro l’affetto che il Signore ci ha donato a piene mani.

La musica è finita senza che me ne accorgessi, e della tisana ne sono rimasti solamente un buon sapore in bocca e un leggero profumo nella stanza, che purtroppo non copre quello dei vestiti indossati oggi…

Buona notte.

(trattandosi di minori, i nomi citati in questo post sono stati volutamente cambiati)

Un forte abbraccio a tutti !!

Nakuru, 02 gennaio 2008
…ops 2009!!


Finalmente eccomi ad aggiornare il blog. È trascorso così tanto tempo dall’ultima volta che mi sono raccontato che a fatica mi sono ricordato la password (l’ho azzeccata dopo tre tentativi, niente male per la mia memoria).
Eccomi qua con una gran voglia di dare scritto ai miei pensieri, guardandomi alle spalle vedo così tante cose che ho veramente l’imbarazzo nello scegliere quali descrivere. Facciamo che diamo una veloce carrellata, un passaggio di penna leggero sulla carta per poter inquadrare la situazione, permettermi di capire cosa ho fatto negli ultimi mesi e cercare di definire cosa fare nei prossimi.
Inizio a scrivere con tanta voglia ma anche con un po’ di fatica. Sarà che ho mille pensieri per la testa e non riesco a concentrarmi, sarà che è molto che non scrivo e l’analfabetismo di ritorno sta avendo la meglio su di me, o sarà che sto diventando vecchio e sento ogni azione come un masso da spingere. Fate vobis, io finisco con queste elucubrazioni e provo a vedere dove mi ha condotto i mio cammino.

La prima settimana di settembre è stata una toccata e fuga a Nakuru. Arrivato dall’Uganda, ho avuto giusto il tempo per svuotare lo zaino alla missione e riprendere il viaggio fino a Nairobi. Da lì un fantastico volo della compagnia egiziana EgyptAir mi ha portato in Italia.
Per chi volesse un consiglio, va benissimo risparmiare sui voli soprattutto quando si paga di tasca propria, ma certo non mi sarei aspettato crepe della carenatura interna dell’aereo chiuse con nastro adesivo e la hostess che mi istruisce personalmente sull’apertura della porta di emergenza, visto che sono quello seduto più vicino allo sportello. Di mio ho chiesto alla russa che avevo accanto, che stava “controllando il fondo” del mignon, di svegliarmi in caso dovessi aprire la porta. Lei si è fatta una bella risata e ha continuato il suo lavoro di controllo.

Le vacanze in Italia sono state qualcosa di meraviglioso. Non avevo mai trascorso le vacanze a casa, ed è stupendo vivere la sensazione di avere tutto il tempo che si vuole per incontrare gli amici più cari, passare più tempo a casa, organizzare le proprie giornate con il solo desiderio di incontrare gli altri.
Peccato che, da che vacanza è vacanza, l’orologio gira più in fretta e ti ritrovi a rimandare il volo di rientro in Kenia per poter abbracciare gli amici (e soprattutto le amiche) che non hai ancora visto e inizi a incastrare gli appuntamenti per poter salutare tutti, e vorresti regalare loro più tempo, e vorresti dare loro più ascolto. Ma “tempo, comunque vadano le cose lui passa”, e sei nuovamente a preparare lo zaino, con la gran voglia di vivere le tue scelte che combatte con la sana paura che accompagna ogni partenza.

Ma dove sono finito ora???

Nakuru, quarta città del Kenia per popolazione e grandezza. Che detto così sembra una cosa in grande. In realtà è una cittadina con un centro commerciale e politico paragonabile alle nostra Seriate. Non sapete dove è Seriate?! Ecco, allora rendetevi conto della grandezza e dell’importanza di Nakuru.

Ho passato i primi due mesi della mia vita keniota nel costruirmi la casa. Il cantiere è stato una cosa indefinibile, mi ha fatto vivere una miscela di sensazioni a volte contrastanti seppur in linea tra loro. Lavorando insieme ai kenioti puoi comprendere quante potenzialità hanno, avverti la loro voglia di migliorarsi e ti senti pronto ad aiutarli… ma quando ti assenti dal cantiere e al ritorno ti ritrovi che ti hanno murano un rubinetto, fissato un interruttore esattamente dietro la porta e tagliato i travetti cosicché la veranda non sarà larga due metri ma solamente trenta centimetri, allora vorresti proprio…
Comunque ora la casa è pronta. Mi concedo un po’ di tempo per pulirla prima di scattare qualche foto.
Ovviamente ho dovuto occupare una zona del parco naturale di Nakuru e deviare il corso di un fiume, ma sono riuscito a trasferirmi prima di Natale ed ora eccomi qui nella mia stanzetta a scrivere questo mix di serietà e… beh, ad ognuno trovare la definizione appropriata.

A parte gli scherzi, che insieme allo sbattere delle finestre mi aiutano a stare sveglio, sono arrivato a Nakuru per aiutare i missionari “Poveri servi della Divina Provvidenza” nelle attività sociali che hanno iniziato poco più di due anni fa. Valutate le peggiori carenze dei servizi sociali locali e le maggiori esigenze per quanto riguarda la cura dei ragazzi, sono stati realizzati tre centri in risposta a tre diverse bisogni:
Drop-in Center: per un primo contatto con i ragazzi di strada e la valutazione della situazione di ciascuno.
Boys Ranch: due case-famiglia per il recupero dei ragazzi di strada.
Calabrian Shelter: per l’accoglienza temporanea di ragazze vittime di violenza e abuso sessuale.

Ovviamente vi racconterò meglio. Intanto, avendo superato i limiti di età per essere recuperato nel Boys Ranch, sono stato accettato come amministratore-contabile-educatore-animatore-magazziniere-guardiano-falegname…