Grazie...

... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"

I nostri anni... e i nostri sogni

Domenica, come al solito dopo la S. Messa, mi fermo con i ragazzi per qualche minuto sul sagrato per i saluti (quelli di rito e quelli di piacere).
I ragazzi ne approfittano per divertirsi e, dopo il gioco di cacciarmi le dita sotto le ascelle (che per loro è tanto divertente quanto per me fastidioso), ora sono passati alla conta dei miei capelli bianchi. “Tre!” “No, sono quattro!” “Cinque!” e via proseguendo con la conta.
Ovviamente non vi dico a quanto sono arrivati. Ma tranquillizzatevi, non sono di caduto in una precoce crisi quarantenne, ma ancora una volta mi sono reso conto che sostanzialmente non mi importa poi molto del tempo che passa.
I mean, sono pieno di voglia di vivere e camminare, continuo ancora a inseguire i sogni di una vita senza tener conto che l’età avanza e probabilmente ho già perso qualche treno. Ma chi se ne frega! Lasciamo che i nostri sogni crescano, camminino e maturino insieme a noi, ci indichino la strada accompagnandoci nelle nostre scelte più importanti.
Non perdiamoli per strada, non soffochiamoli negli impegni lavorativi o in faccende che chiunque potrebbe sbrigare. Il proprio sogno è solamente nostro e se noi lo lasciamo nessun altro potrà prenderlo o realizzarlo.

Morale (se ce né una): scrivo oggi di desideri e di sogni perché la mia testa ne è ancora piena zeppa mentre i miei pensieri sono ancora castelli da costruire. Gli anni potranno passare, ma vedremo chi la spunta!

Pensieri e parole in una serata di fine maggio

Accetto l’invito a cena in parrocchia, effettivamente è da un po’ che non condivido con loro.
Purtroppo tra una cosa e l’altra, tra cui i soliti che arrivano in ritardo, esco da casa con le prime gocce di pioggia che ultimamente mi fa compagnia durante la sera.
Le nuvole sono ancora lontane e non mi preoccupo molto: la parrocchia dista una ventina di minuti a piedi ma dovrei arrivare prima che faccia buio e inizi a piovere sul serio.
Sono più o meno a metà strada quandouna ragazza che sta camminando nella direzione opposta alla mia mi ferma chiedendomi informazioni.
Con il pensiero le rispondo (Scusa, ma ti sembro uno del posto? Cioè, siamo in Kenya, sono un bianco, che cosa mi domandi informazioni?…)
Fortunatamente il suo kiswahili è appena più raffinato del mio e riesco sia a capire che ha sbagliato matatu e deve raggiungere la casa dello zio, sia a risponderle che le mancano tipo quaranta minuti a piedi. La ragazza è vestita bene (e qui si vestono bene o per andare a messa o quando si mettono in viaggio) e sembra davvero spaesata. Sembra inizi a piangere quando mi chiede “E adesso, che cosa posso fare?”
(Pota, siamo in Africa: prendi e cammina) la mia mente inizia a tradurre questo pensiero quando inizia a piovigginare, diciamo, in maniera più consistente. (Ok, effettivamente inizia a piovere, è già buio, che la sua storia sia vera o meno, rimane il fatto che il tragitto non è dei migliori per una ragazza sola). Così tiro fuori trenta scellini e le dico “Ok (cazzarola), aspetta qui il matatu che va verso quella direzione”
Faccio per andarmene quando mi chiede con un tono da paura “Non puoi stare qui e aspettare il matatu con me?”
“(Tutti i casi sfigati me li becco io?) Mmm (abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno)Ok” e giù in quel momento una pioggia torrenziale, veniva giù a secchiate.
Sotto la pioggia e ormai al buoi, si gira e mi chiede “E adesso, che cosa facciamo?”.
“(Pota, prendiamo l’acqua. Che cosa vuoi fare!!) Non ti preoccupare, che tra poco passa un matatu”
Detto fatto… dopo dieci minuti di pioggia, arriva finalmente un matatu. La ragazza mi ringrazia e sale.
Bagnato fradicio, cammino verso la parrocchia. Non sono tanto distante, ma il cammino è sufficientemente lungo per rompermi le infradito, scaricare le batterie della torcia, scivolare in pieno in un fosso. Bella conclusione di serata, non c’è che dire.