Grazie...

... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"

Le parole ...

Le parole hanno un peso.
Ognuna il proprio. Forte, lieve, profondo, talvolta appuntito e tagliente.
Un peso che spesso è più importante del significato.
Un peso che non possiamo ignorare.
La loro gravità può schiacciarci, ma può anche farci alzare in volo.
Noi che le pronunciamo e le scriviamo diamo loro questo peso.Ogni volta. Se ci riflettiamo possiamo renderle più leggere. Se non lo facciamo, allora saranno loro a prenderselo, a rubarcelo da dentro.

Le parole sono anche strumento per conoscere le persone.
Ne fanno migliori o peggiori. Alcune ne vengono ai miei occhi trasformate dalle parole che dicono.
Non ho mai incontrato persone belle di aspetto, ma ho conosciuto persone meravigliose per quello che hanno detto. Amici che sono diventati splendidi per le parole che mi hanno scritto. Persone che mi hanno aiutato grazie al peso delle loro parole. Alla profondità che sono riusciti a raggiungere grazie al peso di ogni parola detta da loro. Persone dal carattere mite e dall’aspetto non appariscente, trasformate in luce che mi ha illuminato grazie alla semplicità e alla sincerità delle loro parole.

Bilarzia e dentista...

23 luglio 2008
Dopo una veloce analisi del sangue alla “Surgery”, mi confermano la presenza di bilarzia nel sangue. Niente male, penso tra me e me, andrà a tutto vantaggio della mia parte femminile che si sentirà più forte. Comunque meglio seguire la cura prima che le larve non attacchino la parete intestinale o vescicale, raggiungano la fase adulta e inizino a deporre le uova.

E cosa fare dopo una così bella notizia? Perchè non fare un salto dal dentista!

Detto fatto, ed ecco che mi ritrovo nella sala d’aspetto di uno studio dentistico. Due giorni fa mi era saltata l’otturazione di un dente e attendere di rientrare in Italia per una semplice operazione odontotecnica mi sembrava stupido e dispendioso. Non faccio a tempo a prendere le misure dell’ambiente, che subito un’assistente decisamente molto carina mi invita a seguirla. Appena metto piede nello studio la dentista, decisamente più carina dell’assistente, mi invita con un sorriso a sdraiarmi... io sto per risponderle che erano quasi due anni che una ragazza non mi diceva di sdraiarmi, ma l’agitazione mi frena l’ironia.
Visita, controllo, anestesia e via con l’estrazione del dente.
Terminato il tutto, la dottoressa ed io iniziamo a chiacchierare su vari argomenti e lei mi fa intendere che le piacerebbe incontrarmi di nuovo. UAU! Sono anni ormai che una ragazza non mi invitava per un incontro a due (e questo non vuol dire che prima ce ne siano stati tanti).
Pieno di orgoglio, il mio senso di uomo-cacciatore inizia a pulsarmi nelle vene in compagnia della bilarzia, e mentre inizio già a sognarmi dell’appuntamento lei prende in mano la sua agenda d’ufficio... inizia a sfogliarla... e mi rendo stupidamente conto che intendeva prendere un appuntamento per un’altra visita dentistica.
Gli impulsi mascolini si bloccano all’istante per ricadere in letargo per forse altri due anni.

Sig! Tutte queste emozioni mi hanno davvero distrutto.
Meno male che domani ce ne torniamo a Iriir, la bilarzia ed io, su di un bus che spero impieghi meno delle 12 ore che ci ha messo ieri nello scendere a Kampala.

Appunti dalla relazione in merito a questo anno di volontariato in Uganda

In questa sera di maggio con la pioggia che sbatte sulle lamiere in un fragore piacevole seppure forte, inizio a parlarvi dell’elemento forte del progetto: la comunità di Iriir. Lo farò non certo in maniera oggettiva spillandovi dati demografici e piante topografiche geologiche, ma cercherò di descrivere al meglio le mie impressioni riguardo al progetto e al suo interagire con la comunità di Iriir. Proverò cioè a rispondere a quelle domande che ogni volontario prima o poi si pone: la comunità che mi ha accolto si sta sviluppando? Stiamo portando effettivamente una trasformazione positiva, ovvero un cambiamento verso un migliore stato di benessere per la comunità in cui siamo inseriti? E questa sta prendendo coscienza delle sue potenzialità?

[...] Ma allora, che tipo di sviluppo stiamo portando?
Se intendessimo per sviluppo solamente un miglioramento economico della società, allora con dati e grafici alla mano potremmo illustrare un aumento del numero di attività generatrici di reddito, una crescita della estensione dei campi coltivati in linea con relativo aumento della produzione, l’uso sempre più frequente di pesticidi e di fitofarmaci per animali, l’incremento di capitale investito nella sottocontea di Iriiri.
Ma non credo che “sviluppo” debba essere ristretto in questo campo. Ritengo invece che lo esso debba essere inteso come un cambiamento della società verso un miglioramento della condizione umana. Pertanto non è possibile fermarsi al capitale e alla conoscenza, ma si rende necessario e doveroso valutare il cambiamento all’interno dell’uomo verso una maturità etica.
Se ora alcuni gruppi di persone sono in grado di gestire un’attività generatrice di reddito ma ne spendono tutto il guadagno in alcool, allora non possiamo certo affermare orgogliosamente di aver portato lo sviluppo nella sottocontea di Iriir.
Ritengo sia indispensabile un cambiamento all’interno dell’uomo per una trasformazione sociale verso un miglioramento della condizione umana.
Di certo non sono il primo ad affermare questa tesi, ma proprio questo la rafforza. E anche se ne fa perdere un pò di originalità, la cosa mi fa sentire meno incompreso.

Si consideri per esempio la psicologia moderna. Nella distinzione tra la modalità di vivere l’essere e l’avere, Erich Fromm evidenzia chiaramente la necessità di un cambiamento mentale, piuttosto che materiale, al fine di uno sviluppo della società:

"Trasformazioni economiche del genere (a livello globale) sono possibili soltanto qualora si verifichino mutamenti di ordine fondamentale nei valori e nell’atteggiamento dell’uomo, nell’orientamento caratterologico umano, come a esempio una nuova etica e un nuovo rapporto con la natura."(1)

Porsegue ancora scrivendo:

"La necessità di un cambiamento dell’uomo non costituisce soltanto un’esperienza etica e religiosa, non è frutto unicamente di un’aspirazioone psicologica derivante dalla natura patogena del nostro attuale carattere sociale, ma è anche la condizione per la mera sopravvivenza della specie umana."(2)

Questo discorso può essere perfettamente adattato ad ogni comunità, per la cui sopravvivenza è indispensabile una trasformazione dell’uomo nel suo essere e non solo nel suo avere.
Si legga anche l’ultima enciclica papale, nella quale a conclusione di un percorso storico-filosofico in merito al rapporto tra progresso e filofosia sociale, Papa Benedetto XVI scrive:

"Il suo vero errore è il materialismo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall’esterno creando condizioni economiche favorevoli. [...] Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore, allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l’uomo e per il mondo." (3)

Per comprendere la forza di un cambiamento interiore (maturità etica) nei confronti di uno esteriore (sviluppo della società) dovrebbe essere sufficiente prendere come esempio le prime comunità cristiane. Il Vangelo, che è la buona notizia e la speranza, ha cambiato il modo di vedere se stessi e la comunità ed è stato proprio per questa nuova presa di coscienza del proprio essere che è stato possibile il cambiamento da un impero pagano a uno cattolico. Alla faccia del cambiamento! E tuttora sono molti gli esempi di persone quali missionari e laici che, per aver scoperto l’amore di Dio per l’uomo, hanno cambiato se stessi e stanno cambiando la loro comunità.

Qui mi vengono incontro le parole di Don Luciano, missionario in Kenia:

"Il Vangelo rimane ancora - assieme alla preghiera - la più grande forza al mondo capace di cambiare la vita, le famiglie, le situazioni! Perché cambia le persone dal di dentro. [...]
In un mondo che si va sempre più allontanando da Gesù Cristo, la tiepidezza non è più accettabile. Dobbiamo assumere una posizione, con amore. Ma dobbiamo combattere con l'unica arma che ha veramente il potere di cambiare le cose - la dirompente storia di Gesù Cristo e della Sua croce."
(4)

[...] Certo si può facilmente obbiettare che non è possibile occuparsi di tutto.
Replicherei allora che questa non è una ragione per disinteressarsene, e che bastano Preghiera e Speranza (e un pizzico di cristiana follia) per raggiungere i propri sogni e perchè i propri progetti possano incontrare la realtà. [...]
Ogni tentativo di cambiamento che non nasce del nucleo interno della comunità bensì che arriva confezionato dall’esterno o comunque da stranieri, è solamente una brutta copia, un fragile passo verso un miglioramento. Ben di poco aiuto verso un vero sviluppo per i quale si rende necessaria una trasformazione del carattere sociale. [...]

(1)“Avere o essere?” - 1976
(2) “Avere o essere?” - 1976
(3) “Spe Salvi” - 2007
(4) “Incontri con la Parola” - 2008