Grazie...

... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"

Giornata di relax... me ne vado a Nyaururu

Il matatu impiega quasi un ora e mezza per arrampicarsi lungo la strada che da Nakuru sale verso le montagne vicine costeggiando i crateri spenti milioni di anni fa.
Arrivato, seguo le indicazioni per le Thompson Falls che dicono valga la pena vedere. Penso tra me che, essendo ormai alla fine di una lunga stagione secca, non è certo il tempo migliore per vedere le cascate, comunque mi lascio vincere dalla curiosità ed eccomi all’inizio del sentiero per le cascate.
L’ingresso costa 50 scellini per i residenti, 200 per i wazungu (noi bianchi). Credo sia una piccola ma giustificabile rivincita africana per la colonizzazione del secolo scorso e per lo sfruttamento economico attuale, comunque pago con un certo nervosismo e mi avvio lungo il sentiero.
Un ragazzo mi ferma chiedendomi se ho bisogno di una guida. Gli rispondo sgarbatamente di non preoccuparsi, penso di trovare da solo le cascate.

Seguo il sentiero e scendo fino al fondo valle, dove l’acqua si schianta con fragore contro le rocce. Resto per un po’ ad ammirare questa piccola meraviglia, cercando anche di stimare l’altezza delle cascate misurando il tempo di caduta dell’acqua (certe volte l’io ingegneristico non vuole proprio stare calmo e mi tocca assecondarlo!).
Risalgo il crinale e decido di seguire il sentiero che accompagna in quota il costone della valle spingendosi attraverso le montagne vicine.
Attraversando prati per il pascolo e piccoli appezzamenti ordinatamente piantumati per il rimboschimento, mi allontano sempre più dalla città fino a quando arrivo ad un bivio. Non avendo la minima idea dove porti uno piuttosto che l’altro sentiero, scelgo la sinistra (perché nel dubbio, sempre a sinistra).

Scavalco la collina ed ecco un’immagine tanto forte quanto l’odore che ne fa da cornice: il profilo dell’orizzonte non è più verde e definito da pascoli e boschi, ma continua delineato da mucchi e mucchi di rifiuti.
Il fumo che ne sale è tanto caldo quanto odioso.
Non so perché ma ho fermato i miei passi e resto a guardare.
Di lì a poco sento chiamare “Mzungu. Mzungu. How are you?”
A fatica riesco a distinguere tra i mucchi di rifiuti il ragazzo che mi ha chiamato, dopo di lui molti altri ragazzi gli fanno eco. Saltano fuori tra copertoni e stracci, taniche e bidoni arrugginiti, trascinando sulle proprie spalle un sacco contenente il “raccolto” della mattinata.

Per un ragazzo di dodici anni, questa condizione non è giusta! Non è giusta!!
Una crepa di rabbia mista dolore mi taglia il cuore.
Faccio il segno della Croce e chiedo al Signore perdono per i miei peccati che ogni giorno causano questa ingiustizia.
Possa davvero far nascere nel mio e nei nostri cuori tanta rabbia per le prepotenze e un immenso amore per il prossimo. Perché possa venire presto il Suo regno, come in cielo così in terra.