In tutti questi discorsi, in questo mio credere in un atteggiamento di umiltà nei confronti dell’altro per poter camminare insieme verso un mondo migliore (e possibile!), nell’impegnarmi in un rapporto di educazione reciproca e ostinatamente animare l’altro perché possa trovare la sua strada, sono partito dalla Parola e dal non nascondere il battito che essa faceva nascere in me.
Per questo avevo dato per scontato il poter trovare missionari religiosi come principali punti di appoggio morale. Certo li ho trovati, ma spiazzante e demoralizzante è stato sentirmi, con alcuni di essi, dalla parte opposta: sentirmi rimproverare per il mio modo di relazionarmi mi ha fatto davvero male, perché è andato a toccare non solo il mio operato, ma anche la mia fede.
Ho voluto allora rimettermi in discussione, cercando di vedere dove avevo commesso gli sbagli che mi venivano rimproverati. Prima di partire, proprio i missionari mi avevano aiutato a comprendere e a scoprire dentro di me lo spirito “ad Gentes”. Sono tornato su quelle pagine…
“Tutti i cristiani sono tenuti a manifestare con l’esempio della loro vita e con la testimonianza della loro parola l’uomo nuovo. […] Ma perché essi possano dare utilmente questa testimonianza, debbono stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini e dimostrarsi membra vive di quel gruppo umano […] improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo, dimostrando tutte le ricchezze che Dio ha dato ai popoli.” [Ad Gentes, 11]
“Essa [la Chiesa] non rivendica a se stessa altra sfera di competenza, se non quella di servire amorevolmente e fedelmente, con l’aiuto di Dio, gli uomini. I discepoli di Cristo, mantenendosi in stretto contatto con gli uomini nella vita e nell’attività, si ripromettono così di offrir loro un’autentica testimonianza cristiana e di lavorare alla loro salvezza. […] Essi infatti non cercano il progresso e la prosperità puramente materiale degli uomini, ma intendono promuovere la loro dignità e la loro fraterna unione” [Ad Gentes, 12]
Ma allora cosa c’è che non va? Educare… stare con… animare… non mi sembrano poi tanto lontani da queste parole.
GIM e SVI e questi tre anni mi hanno insegnato a credere nell’altro se si vuole camminare insieme, a sentire l’umiltà come valore di vita, ad accettare di vivere al confine. Da questo la scelta di educare, di stare con, di animare. Di camminare insieme, sullo stesso piano. Credendoci, come uomo e come cristiano, ci ho provato e ci ho faticato. E la gioia di raccogliere i frutti è stata meravilgiosa…poi però lo scontro con chi si impone con arroganza “Devi capire il principio che se non gli stai con il fiato sul collo, loro non fanno niente” ... Principio?! Stare con il fiato sul collo?! Sembra proprio che qualcuno preferisca essere ascoltato perchè temuto e non perchè stimato.
Ho riflettuto e ho iniziato a pensare non dove avevo sbagliato, ma “se” avevo commesso qualche sbaglio.
Grazie...
... a quelli che partono con la voglia di stare, a quelli che vivono il Vangelo prima di predicarlo,
a quelli che non smetteranno mai di sognare, a quelli che l'Amore è solo con la maiuscola,
a quelli che si accettano come sono, a quelli che piangono ad ogni partenza,
a quelli che Africa e Gioia si confondono ogni giorno, a quelli che vivono di emozioni,
a quelli che non smettono di camminare, a quelli che non si abbandonano mai,
a quelli che pregano, a quelli che sul piedistallo non ci vogliono stare, a quelli che Dio non è morto,
a quelli che si vive anche senza moda, a quelli che pensano con il cuore,
a quelli che non scelgono per comodità, a quelli che soffrono e poi ti guardano negli occhi più ricchi di prima,
...e anche a quelli che "Gianpi ci hai rotto con questi ringraziamenti"